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Regionali Campania: il voto si allontana? De Luca muove le pedine, Donzelli apre il varco

Come una partita a poker a carte coperte le regionali in Campania si allontanano, ma non troppo. L’apertura di Giovanni Donzelli di Fratelli d’Italia per un voto nel 2026 sorprende (?!??), abbracciando con finezza tutta politica proprio la linea che Vincenzo De Luca stava silenziosamente seminado da settimane. Un  segnale forse tutt’altro che casuale, qualcosa si muove e si muove in profondità.

Donzelli con toni apparentemente morbidi ha spiegato che “un rinvio tecnico del voto potrebbe essere valido”, aggiungendo con sottinteso strategico che la “Campania e il Veneto, hanno peculiarità da gestire con attenzione istituzionale”. Parole leggere ma che pesano perchè Donzelli non è uno qualunque, è la voce tattica di un partito che gioca a scacchi più che a dadi. Il suo “apriamo ad una valutazione” è  in soldoni un messaggio alla Lega che in Veneto vuole assolutamente blindare Zaia e un ammiccamento calcolato a De Luca, che nel frattempo archiviato il terzo mandato, deve solo decidere chi prende il suo posto, come e con quale eredità. 

Slittare il voto avrebbe almeno tre vantaggi. Blindare la transizione, con un anno in più, può rafforzare l’area “deluchiana” nel PD, mandare segnali ai sindaci amici, e magari continuare a piazzare qualche fedelissimo in ruoli-chiave. Potrebbe altresì logorare l’opposizione: il centrodestra si è già diviso tra candidati in attesa, pretendenti senza truppe (Martusciello?) e falchi silenziosi (Cirielli?). E ancora: se il voto fosse oggi, il centrosinistra si ritroverebbe a tavolino tra Fico, che al momento sembra essere sostenuto solo dal sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, e Sergio Costa nome su cui  punterebbe il campo largo così come viene fuori dalle voci di corridoio. E Sergio Costa, stando sempre alle voci, piacerebbe anche a De Luca che diciamolo chiaramente: quando agita lo spettro di un terzo polo, non sta davvero preparando una scissione, ma usa l’idea come strumento di pressione tattica. Per De Luca il terzo polo sarebbe un’emorragia politica: spaccherebbe il centrosinistra proprio quando serve compattezza, drenerebbe voti al PD, farebbe saltare l’asse con M5S e campo largo, e rischierebbe di consegnare la Campania al centrodestra. In più, isolerebbe De Luca nel momento in cui dovrebbe costruire la sua eredità, non distruggerla.

Nel centrodestra la mossa di Donzelli, sebbene sembri “ragionevole”, rende torbide le acque interne comunque le acque interne. Per FdI, puntare al 2025 era l’occasione per prendersi la Campania sull’onda lunga del Governo Meloni. Ma allungare i tempi vuol dire diluire l’effetto Roma, lasciare spazio a FI e alla Lega per rientrare nel gioco. In più, c’è un tema personale: Edmondo Cirielli, nome caldo di FdI, vice ministro con ambizioni di vertice, rischia ora di dover aspettare un altro anno con il motore acceso. Un rischio che il partito dovrà valutare con attenzione.

De Luca per il momento osserva, ascolta, non smentisce. Nessuna dichiarazione ufficiale sul rinvio. Ma ogni settimana un segnale: un’intervista pungente, le posizioni chiave da occupare, una stoccata sui bilanci, un’uscita sulla responsabilità nazionale. La trama c’è. Basta solo sapere leggerla.

La possibilità di un rinvio non è solo un tecnicismo: è una strategia, un termometro di forza politica, una mossa che può riscrivere le alleanze e stravolgere i piani.

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