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Nola: una festa da Unesco, una città da cortile

Non basta la bellezza della mattina, l’emozione sincera della piazza, la benedizione anticipata come segno di rispetto e buon senso. Non basta perché poi arriva il pomeriggio, e la festa si sporca. Di sudore, di urla, di spinte, di arroganza. E la maschera cade. 

Il copione è lo stesso. I gigli che ballano ancora nella mattinata del lunedì. E così quella che dovrebbe essere una delle feste più suggestive al mondo, patrimonio Unesco è il solito campo di battaglia dove a comandare sono muscoli (?!?) prepotenze e faide da cortile.

E allora che senso ha parlare di “patrimonio immateriale”? Di cosa stiamo parlando se in nome della competizione becera si rischia l’incolumità degli spettatori, si trasforma una processione in una sfida da stadio, si mettono le mani addosso pur di non cedere un centimetro nel punto “giusto”? Inutile fare i nomi, le immagini parlano da sole e parlano di  scene già viste, già denunciate, eppure sempre uguali. Risse tra paranze, gigli che ballano oltre ogni limite, sicurezza sacrificata all’orgoglio. Un copione stanco, che non fa più nemmeno notizia, solo rabbia.

E dire che il giorno era cominciato sotto i migliori auspici. Per la prima volta, la benedizione degli otto Gigli e della Barca si è svolta con un’ora di anticipo. Una scelta condivisa, responsabile, per evitare i rischi di un caldo asfissiante. Due obelischi avevano già completato la loro prima esibizione prima delle 10. Un piccolo record, salutato con soddisfazione dal sindaco Andrea Ruggiero e dal vescovo Francesco Marino, che ha invocato pace per il mondo e lodato la compostezza della città. 

Peccato che, poche ore dopo, lo scenario è cambiato.

E non è più tollerabile.

Mentre le istituzioni parlano di disciplinari per le feste secolari, in cui si cerca di elevare le tradizioni popolari a modelli culturali da proteggere e valorizzare, Nola si comporta peggio di una piccola frazione, ostaggio di gruppi di potere, di capricci, di dinamiche opache. Il cuore della festa è nelle mani delle paranze. E questo basta a rovinare tutto, si sentono intoccabili. Gestiscono queste come mercati, raccolgono firme come trofei, impongono le loro regole, disprezzano i richiami, umiliano il senso vero della festa.

Non è più fede. Non è più folklore.È una farsa.

Si deve intervenire con decisione, con sanzioni vere, sospensioni durature e la rottura di certi meccanismi malati. La Festa dei Gigli che può rendere Nola visibile agli occhi del mondo elevandola a simbolo di cultura, fede e tradizione. Ma quando prevalgono prepotenza, disordine e logiche da quartiere, la città si condanna da sola a restare un paesino senza visione, chiuso nella sua piccolezza. Una grande festa merita una comunità all’altezza, altrimenti diventa solo folklore sprecato. E finché sarà così, sarà sempre più difficile credere che basti una mattina ben riuscita per salvare il senso profondo di questa celebrazione.

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