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Nola: centro storico nella morsa della movida violenta

La ricordate quella Panda bianca, lanciata a tutta velocità tra le urla e i corpi sparsi di ragazzini terrorizzati, nel cuore di una sera d’estate del 2023? Era giugno, la città era piena, le immagini, sgranate, confuse, eppure nitidissime nel loro orrore, fecero il giro d’Italia. Nola diventava, nel tempo di un video, l’emblema del caos adolescenziale lasciato a sé stesso. Il sindaco Carlo Buonauro, davanti a quei fotogrammi, dichiarò guerra al vuoto: “Più presìdi, più controlli, più vigilanza”. Ma le parole, si sa, evaporano in fretta sotto il sole cocente dell’indifferenza.

Sono passati mesi, anni quasi. Eppure nulla è cambiato. Anzi.

Sabato scorso, in quello stesso centro storico che di storico ormai ha solo la bellezza dimenticata, un ragazzo di sedici anni è finito in ospedale dopo l’ennesima rissa. A Nola, il sabato sera la folla di ragazzi si ammassa tra i vicoli come una marea sporca e incontrollata, fatta di urla, motorini truccati, risate isteriche, facce già troppo adulte o già troppo stanche.

Il centro è un teatro senza regia. I locali aprono, vendono, versano alcol in bicchieri troppo grandi per mani troppo giovani. Gli occhi si arrossano, l’aria sa di fumo dolciastro, chiunque passi lì lo sa, lo sente, lo respira. Nessuno controlla. Nessuno ferma. Nessuno vede, o fa finta di non vedere. Ogni sabato è un esperimento sociale andato a male.

La parola  “movida giovanile”, ormai è un eufemismo offensivo. Non è divertimento: è deserto educativo. È assenza. È incuria istituzionale che si è fatta carne, sangue, botte, ospedali.

Ora c’è un commissario prefettizio, fra poco si torna al voto. La città è sospesa, come se aspettasse qualcosa che non arriva mai. Ma chi vuole governare Nola ha il dovere morale di guardare questa ferita e chiamarla col suo nome. Non si tratta solo di ordine pubblico: è una questione di dignità. Di visione. Di futuro. Serve restituire ai ragazzi un luogo che non sia solo il fondo di un bicchiere o l’ombra di una rissa. 

Perché la Panda di quel giugno folle corre ancora. Corre tra le, le paure. E prima o poi, qualcun altro resterà a terra. Ma stavolta, non potremo dire che è stato un caso.

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