Neonato ricoverato al Santobono, notte stabile nella criticità, quadro clinico stazionario
Stazionario il quadro clinico nella sua criticità. Così Geremia Zito Marinoschi, direttore terapia intensiva pediatrica Santobono, dove da ieri è ricoverato il piccolo, nove mesi appena, arrivato nella struttura pediatrica partenopea in eliambulanza, già in condizioni gravissime e da quel momento sottoposto a due delicatissimi interventi neurochirurgici nel tentativo di contenere un esteso edema cerebrale.
Nel pomeriggio ci saranno delle nuove valutazioni e anche accertamenti.
La situazione clinica resta drammatica. I medici del Santobono hanno riferito che è stato necessario rimuovere completamente la calotta cranica per evitare la morte per compressione cerebrale. Gli accertamenti clinici fanno pensare a una possibile «Shaken baby syndrome», la sindrome da scuotimento, spesso conseguenza di gesti violenti o disperati, talvolta anche inconsapevoli, messi in atto per calmare un neonato che piange.
Nel frattempo, le indagini affidate ai carabinieri della compagnia di Sapri, su incarico della Procura di Lagonegro, si concentrano su due direttrici: da un lato il contesto familiare, dall’altro la gestione clinica delle condizioni del bambino nei giorni precedenti al ricovero.
La madre del piccolo, Fatima Giudice, è stata ascoltata nelle scorse ore dai militari della stazione di Arenella, a Napoli, come persona informata sui fatti. Nei giorni precedenti, aveva pubblicato un post sui social in cui dichiarava che il figlio era stato visitato il 28 maggio presso l’ospedale di Sapri, e dimesso con una semplice cura antibiotica. Tuttavia, da fonti investigative è emerso che la visita ambulatoriale risalirebbe in realtà al 26 maggio, e che riguardava un’irritazione cutanea di lieve entità, probabilmente legata a un vaccino somministrato settimane prima.
Ora gli inquirenti stanno passando al vaglio tutta la documentazione medica del bambino: cartelle cliniche, prescrizioni, visite precedenti e referti. L’obiettivo è duplice: capire se ci siano stati segnali trascurati e accertare eventuali negligenze o omissioni, ma anche stabilire se un deterioramento progressivo delle condizioni possa essere stato in qualche modo evitato.
Il bambino vive con la madre nel Golfo di Policastro, nel Cilento. Nulla, al momento, suggerisce episodi di violenza segnalati in tempi recenti. Tuttavia, le fratture riscontrate – alcune delle quali sembrano risalire a un periodo precedente – pongono inevitabilmente l’attenzione sul contesto domestico e sulla quotidianità del piccolo.