Marta Maria Ohryzko uccisa il 13 luglio 2024, per la Procura di Napoli fu femminicidio
La Procura di Napoli ha messo il punto a una storia che sa di orrore: Marta non è morta per una tragica fatalità. È morta per mano di Ilia Batrakov, 41 anni, cittadino russo, il compagno che diceva di amarla. A lui è ora contestato l’omicidio volontario pluriaggravato. L’accusa è precisa, devastante: Marta è stata lasciata agonizzante dopo una caduta — forse accidentale — in un dirupo. Aveva una caviglia rotta, non riusciva a muoversi. E da lì, in quell’angolo di terra dimenticato da tutto, ha passato ore intere a chiamare aiuto. A digitare più volte il numero del compagno. A sperare che venisse a salvarla.
Lui è arrivato. Ma non per tenderle la mano. Secondo la ricostruzione della IV sezione Fasce deboli della Procura, coordinata dal pm Alfredo Gagliardi e dal procuratore aggiunto Raffaello Falcone, l’ha raggiunta in preda all’alcol e alla rabbia, l’ha colpita con un pugno in pieno volto, forse per impedirle di gridare. Poi le ha tappato la bocca e il naso. Marta è morta per asfissia. Un delitto atroce, consumato con ferocia e disprezzo. Per motivi abietti, futili, approfittando della sua totale vulnerabilità.
Aveva solo 32 anni Marta Maria Ohryzko, quando è stata trovata morta a Ischia il 13 luglio scorso. Vissuta a margine, come spesso accade alle donne che amano troppo e che non vengono mai davvero protette. Uccisa dal silenzio, dal disinteresse, dall’ombra pesante della violenza domestica. Uccisa da chi avrebbe dovuto tenderle una mano e invece l’ha colpita al volto, le ha tappato la bocca e il naso fino a toglierle il respiro. L’ha lasciata morire lì, in fondo a un dirupo, a pochi metri da una roulotte che chiamavano “casa”, a Barano d’Ischia.
Non era la prima volta che Batrakov si accaniva su di lei. La picchiava, la minacciava. Le impediva persino di recarsi alle sedute presso il Centro di Igiene Mentale dell’Asl, dove avrebbe potuto trovare aiuto. Aveva paura, Marta. Ma non abbastanza potere per spezzare le catene. Ogni suo tentativo di chiedere aiuto si infrangeva contro la violenza cieca di un uomo e l’indifferenza di un sistema troppo spesso impreparato a salvare.
Oggi Ilia Batrakov si trova nel carcere di Poggioreale. A lui è stata notificata un’ordinanza per omicidio volontario pluriaggravato. Ma a noi, a questa società troppo lenta, troppo muta, resta la vergogna. Perché Marta Maria Ohryzko non è solo una vittima: è l’ennesima donna che muore gridando nel vuoto, mentre nessuno ascolta.