Interporto di Nola, capannoni ancora fumanti dopo 15 ore: scuole chiuse, ma l’Arpac non rileva criticità
Siamo nel cuore della Terra dei Fuochi, eppure sembra che ogni volta si debba ricominciare da zero, come se nulla fosse stato appreso. Gli eventi estremi come quello di ieri non sono più eccezioni, ma rischiano di diventare parte della normalità. Una normalità tossica. Andiamo con ordine. I capannoni del lotto D1 dell’Interporto di Nola, colpiti da un violento incendio nel tardo pomeriggio di ieri, continuavano a fumare ancora questa mattina, a più di quindici ore dall’inizio del rogo. L’odore acre nell’aria e la colonna di fumo visibile a chilometri di distanza hanno spinto i Comuni limitrofi – tra cui Nola, Cimitile e Casamarciano – a chiudere in via precauzionale le scuole. La nube sprigionatasi durante l’incendio si è lentamente diradata nel corso della notte, ma l’allarme resta alto.
Secondo le prime ricostruzioni, a prendere fuoco è stato un deposito di materiale da cancelleria, con al suo interno grandi quantità di plastica, carta, inchiostri e altri articoli potenzialmente pericolosi se combusti. Le fiamme hanno avvolto almeno cinque capannoni, interessando un’area estesa quasi quanto un campo di calcio.
L’Arpac – Dipartimento di Napoli, attivata dalla Prefettura, è intervenuta per monitorare l’impatto ambientale. Al momento del primo sopralluogo, l’incendio era ancora in corso. Nella mattinata odierna è stato avviato il campionamento per la ricerca di diossine e altri inquinanti, mentre le operazioni di spegnimento non erano ancora concluse.
Tuttavia, dai dati provvisori delle centraline fisse di Acerra, Pomigliano, San Vitaliano e Tufino, l’Agenzia riferisce che “non emergono significative criticità direttamente riconducibili all’evento”. Un laboratorio mobile verrà installato per potenziare i controlli nelle aree più esposte, e i risultati più approfonditi sono attesi nelle prossime ore.
Nel frattempo, però, una nota non ufficiale, ampiamente circolata attraverso canali informali, ipotizza livelli molto alti di diossine e furani nell’aria. Se tali informazioni fossero confermate, la situazione sarebbe ben più grave di quanto attualmente comunicato dalle fonti istituzionali. La stessa nota – pur non riconducibile a fonti ufficiali – raccomanda di tenere chiuse finestre, porte, spegnere impianti di ventilazione, evitare attività all’aperto e non stendere i panni per almeno 24 ore.
Siamo, ancora una volta, di fronte a una gestione emergenziale in un’area delicatissima come quella dell’Interporto, strategico centro logistico nel cuore della Terra dei Fuochi. Ed è inevitabile porsi domande che vanno oltre l’immediato. Chi controlla cosa viene realmente stoccato nei capannoni? Esistono piani di prevenzione aggiornati e verificati? Perché la comunicazione ufficiale è così lenta e parziale, mentre le informazioni più concrete arrivano da canali informali?
Nel frattempo, la popolazione resta in attesa. Con le finestre chiuse, l’ansia aperta e l’aria che, ufficialmente o meno, potrebbe essere più pericolosa di quanto ci venga detto.