Napoli: disastro ambientale, nella cava Suarez sepolti rifiuti tossici pari a 8 piani di un palazzo
8 piani, che a pensarci viene il capogiro. Un’altezza importante che le forze dell’ordine prendono come unità di misura per far descrivere il nuovo disastro ambientale. 8 piani di rifiuti seppelliti illegalmente, ingenti quantitativi di rifiuti tossici e pericolosi all’interno della cava Suarez dismessa situata nel Parco Metropolitano delle Colline di Napoli. 8 piani per trasformare il capogiro in disgusto, in ferite adesso invisibili, ma che poi nel tempo faranno molto male.
Le indagini, condotte dalla Polizia Locale di Napoli, dal Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri e dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza, hanno portato alla luce un’attività criminosa che si protraeva da anni. L’imprenditore, in qualità di esecutore e appaltatore dei lavori di ripristino ambientale della cava, avrebbe sfruttato la sua posizione per trasformare l’area in una discarica abusiva, sversando e smaltendo illegalmente un volume di rifiuti stimato tra i 146.000 e i 176.000 metri cubi, pari a una massa compresa tra le 200.000 e le 250.000 tonnellate. Tra questi anche una notevole quantità di amianto frantumato, materiale altamente cancerogeno.
L’impatto ambientale gravissimo di questa condotta criminosa che si perpetua da anni senza conoscere sosta. L’equilibrio naturale del sito è stato completamente alterato e il ripristino dell’area richiederà interventi onerosi e complessi. Inoltre, l’esposizione ai rifiuti tossici ha messo a rischio la salute di un numero considerevole di persone, data la densità abitativa della zona.
L’imprenditore è finito agli arresti domiciliari, con sequestro di autocarri e le macchine operatrici delle sue aziende (per un valore di circa 1 milione di euro), mentre una delle società coinvolte è stata interdetta dall’esercizio dell’attività imprenditoriale.
L’imprenditore era già stato rinviato a giudizio per l’omessa bonifica della cava Suarez, ordinata sia dal Comune di Napoli che dal giudice penale, con il sequestro di tre milioni di euro a suo carico. Nonostante i precedenti provvedimenti,l’imprenditore non ha mai provveduto al ripristino dell’area per almeno cinque anni.