Funivia del Faito: l’inchiesta si allarga, 25 indagati c’e anche De Gregorio, vertice di Eav
Non è stato un cedimento improvviso. Né un tragico incidente. Almeno non secondo la Procura di Torre Annunziata, che oggi allarga il perimetro dell’inchiesta sulla funivia del Faito: 25 nomi iscritti nel registro degli indagati, tra cui vertici dell’Eav, tecnici di ditte private e perfino ispettori dell’agenzia nazionale per la sicurezza. Un sistema intero sotto accusa.
Tra i nomi più pesanti figura quello di Umberto De Gregorio, presidente e amministratore delegato dell’Eav. Con lui, i dirigenti Marco Imparato, Pasquale Sposito, Giancarlo Gattuso, Pasquale Di Pace. Sono loro che hanno firmato, diretto, approvato. Ma nell’elenco ci sono anche i tecnici delle ditte private che, tra gennaio e marzo, hanno operato sull’impianto: rifacimento delle teste fuse, test di frenata, esami sulle funi. Tutto risolto con una relazione, un verbale, un nulla osta.
Al centro del fascicolo aperto dopo la tragedia del 17 aprile, ci sono le morti del macchinista Carmine Parlato, della 25enne arabo-israeliana Janan Suliman, dei coniugi britannici Margaret e Derek Winn. E il ferimento gravissimo di Thabet Suliman, fratello di Janan, ancora ricoverato. La cabina numero uno, diretta verso la vetta del Monte Faito, si è staccata e ha finito la sua corsa nel vuoto.
Il sospetto degli inquirenti è netto: troppe mani sulla manutenzione, nessuna vera responsabilità. Il fascicolo parla di “comportamenti omissivi”, di controlli eseguiti e certificati come regolari, anche a ridosso del disastro. L’impianto era stato riaperto al pubblico appena una settimana prima.
E poi ci sono i funzionari dell’Ansfisa, che dal 24 marzo al 2 aprile erano lì, sull’impianto, per l’ispezione annuale. Dieci giorni di controlli che, stando all’inchiesta, non hanno rilevato alcuna anomalia. O se l’hanno fatto, non l’hanno detto. Anche loro sono ora sotto indagine.
Le ipotesi di reato sono pesanti: disastro colposo, omicidio colposo, lesioni. Nessuna accusa formale, al momento, ma l’indagine sta prendendo una direzione precisa.
Il prossimo passaggio sarà tecnico, ma decisivo. Il 23 maggio sarà conferito l’incarico per la perizia irripetibile. Un atto fondamentale per ricostruire la dinamica dello schianto e attribuire le responsabilità. Ma una cosa è già chiara: sotto accusa non c’è solo un cavo spezzato, ma un intero modello di gestione. Fatto di carte firmate, certificati rassicuranti e così come ipotizzato di occhi voltati altrove.