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Disastro funivia Monte Faito: anche l’Eav tra gli indagati

L’inchiesta sulla tragedia della funivia del Faito, costata la vita a quattro persone e il ferimento grave di un giovane turista, si allarga: anche l’Ente Autonomo Volturno, responsabile della gestione dell’impianto, entra ufficialmente tra gli indagati. Con l’iscrizione dell’Eav, salgono a ventisei i soggetti sotto indagine. Un numero che racconta già, da solo, la complessità e forse la gravità delle omissioni che la Procura di Torre Annunziata sta cercando di ricostruire.

Secondo gli inquirenti, guidati dal sostituto procuratore Alessandro Riccio, ci sarebbero gravi responsabilità legate alla sicurezza dell’impianto. Le accuse principali: disastro colposo, omicidio colposo e lesioni gravi. Sotto la lente, non solo la gestione interna dell’Eav, ma anche i rapporti con ditte esterne, le verifiche tecniche eseguite (o forse solo simulate) nei giorni precedenti al crollo, e perfino il ruolo di due ingegneri dell’Ansfisa, che avevano firmato l’ispezione annuale tra marzo e aprile.

L’Eav, attraverso una nota ufficiale, prova a smorzare il colpo: “Non è una novità”, si legge, “l’azienda era già stata informata in occasione dell’accertamento tecnico fissato per il 23 maggio, poi sospeso in attesa della decisione del giudice.” E precisa: “Nessuna contestazione di falso riguarda l’Ente. Le ipotesi di reato per falso toccano esclusivamente altri soggetti, tra cui non figura il presidente Umberto De Gregorio.”

A perdere la vita nel disastro sono stati Carmine Parlato, dipendente dell’impianto, Janan Suliman, 25 anni, cittadina israelo-palestinese, e una coppia di turisti britannici: Elaine e Graeme Winn. Il fratello della giovane, Thabet Suliman, è sopravvissuto ma lotta con lesioni gravissime. Le famiglie hanno chiesto l’avvio di un incidente probatorio: se il giudice darà l’ok, una perizia tecnica, svolta in contraddittorio, potrebbe mettere nero su bianco ciò che finora è solo ipotizzato.

Nel frattempo, proseguono le analisi sui telefoni cellulari sequestrati. L’obiettivo è chiaro: mappare ogni comunicazione, ogni ordine, ogni omissione nei momenti chiave prima del disastro. Ma il fatto resta: anche chi doveva garantire la sicurezza dell’impianto ora è formalmente sotto accusa. E quel cavo spezzato, quel vuoto che ha inghiottito vite e futuro, chiede giustizi non note stampa.

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